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Batteria ASUS A32-N50

Altra differenza riguarda la presenza del sensore di impronte, presente solo nel Moto G4 Plus. Il sensore è integrato nel tasto posizionato alla base del frontale e permette di effettuare lo sblocco dello smartphone tramite tocco. E’ inoltre possibile usare il sensore per autorizzare gli acquisti effettuati nel Play Store. Entrambi i modelli sono equipaggiati con una batteria da 3000 mAh con supporto alla modalità Turbo Power che offre sei ore di alimentazione in 15 minuti di ricarica. Turbo Charging Il caricatore TurboPower offre sino a 6 ore di autonomia con soli 15 minuti di carica (caricatore non incluso in confezione) Il caricatore TurboPower offre sino a 6 ore di autonomia con soli 15 minuti di carica (caricatore non incluso in confezione)
SIM Micro-SIM. Adattatore nano-sim (disponibile in alcuni mercati) Micro-SIM. Adattatore nano-sim (disponibile in alcuni mercati) Lenovo conferma ufficialmente che Moto G4 e Moto G4 Plus saranno disponibili in Italia a partire da metà giugno al prezzo ufficiale rispettivamente pari a 249 euro e 299 euro.

I nuovi Moto G4 e Moto G4 Plus non sono l’unica novità annunciata oggi da Lenovo che, contestualmente, conferma l’arrivo di Lenovo K5 nel mercato italiano. Si tratta di uno smartphone di fascia medio-bassa, già presentato nei mercati internazionali, che sarà disponibile alla fine del mese in corso nel mercato italiano, proposto al prezzo ufficiale di 189 euro. La dotazione hardware comprende il SoC Snapdragon 415, octa-core da 1,4 GHz, 2GB di RAM, display da 5 con risoluzione HD 720p e comparto fotocamera articolata in quella anteriore da 13 MP e quella posteriore da 5MP. La batteria è da 2750 mAH, mentre dimensioni e peso sono rispettivamente pari a 142 mm x 71 mm x 8,2 mm e 142 grammi.

ASUS ROG Spatha è un mouse molto interessante dedicato ai videogiocatori più esigenti. Include, infatti, una serie di caratteristiche che vanno esaminate dettagliatamente, volte a garantire la precisione nei movimenti e che ogni tipo di input del giocatore venga effettivamente riprodotto in-game. Al cuore troviamo un sensore laser capace di garantire una sensibilità di 8200 DPI con la possibilità di passare al volo tra due impostazioni di sensibilità tramite l’apposito tasto collocato sulla superficie della periferica.Si intuisce subito che è una periferica differente rispetto ad altre soluzioni che partono da queste premesse. Offre una serie di possibilità di personalizzazione sia sul piano fisico che su quello del software. Se solitamente trattiamo i mouse da gioco in maniera più veloce, Spatha ci dà invece l’opportunità di approfondire con un articolo e di chiarire alcune funzionalità dei sistemi di interfacciamento espressamente dedicate ai giocatori. Naturalmente tutto questo fa lievitare il prezzo, il che rende Spatha non certo alla portata di tutte le tasche.

Fondamentalmente si tratta di una periferica pesante, studiata in modo da rimanere saldamente ancorata sulla superficie di appoggio e che gode di un ottimo fattore di scorrevolezza grazie alle supefici in teflon collocate sulla faccia che si mantiene a ridosso della superficie. La periferica non solo scorre senza incontrare attriti fastidiosi ma tende ad accelerare se lasciata minimamente in libertà, permettendo al giocatore di compiere manovre in grande agilità. È studiata principalmente per l’impugnatura di tipo palm, imponendo al giocatore di adattarsi alle caratteristiche del mouse da questo punto di vista. Anche il peso, infatti, non è regolabile.

Per altri versi, invece, Spatha è ampiamente personalizzabile. Il giocatore può decidere se utilizzarlo in configurazione wireless o wired, e può anche aprire il dispositivo per sostituire gli switch Omron che si trovano al suo interno. Questa operazione si rivela semplicissima e alla portata di tutti, eseguibile peraltro con il piccolo attrezzo per la rimozione delle viti che si trova all’interno della confezione. Una volta aperto è poi altrettanto semplice sfilare gli switch di default e installare l’altra coppia.Questo consente ai giocatori di allestire vari tipi di configurazione, ad esempio se desiderano modalità di interazione che prevedano maggiore resistenza nella pressione di un tasto rispetto all’altro. Si potrebbe desiderare quindi associare al tasto destro l’ironsight dell’arma in uno sparatutto e rendere questo switch più difficile da premere in modo da evitare pressioni accidentali durante le farraginose fasi di un match multiplayer. Al contrario, si potrebbe gradire un tipo di pressione più netta per il tasto sinistro, convenzionalmente associato al fuoco.

Le due coppie di switch differiscono per caratteristiche e forniscono tipi di feedback differenti, il che porta l’utente può scafato a sperimentare vari tipi di combinazioni che possono produrre vantaggi anche sensibili nel gaming. Di default sono installati gli switch di colore bianco, che sono più morbidi e richiedono meno forza affinché la pressione venga registrata. Ma si possono sostituire con gli switch grigi inclusi nella confezione, di produzione giapponese e più resistenti alla pressione. Come vedremo, possibilità di questo tipo, unitamente al potenziale messo a disposizione dal software, permettono di configurare la periferica in maniera tale da ottenere vantaggi competitivi in-game. Si possono impostare, infatti, due profili di sensibilità e passare dall’uno all’altro rapidamente durante la partita. Una luce posta subito sotto il pulsante per il cambio di profilo segnala quale dei due è abilitato. Il software permette di configurare separatamente le due sensibilità in funzione degli assi x e y.

Questo vuol dire che durante la partita si può passare da un profilo con sensibilità minore, ideale per le fasi in cui occorre prendere la mira con le armi tradizionali; a quello con sensibilità decisamente superiore (la massima è 8200 DPI). In un titolo della serie Battlefield, ad esempio, questa funzionalità può essere utile nei casi in cui si deve guidare un missile TV, il quale richiede un tipo di interazione con maggiore velocità in modo da essere guidato in maniera efficace e precisa verso il bersaglio. A tutto questo dovete aggiungere la possibilità di regolare accelerazione e decelerazione, ad esempio per avere maggiore precisione nella parte terminale del movimento, ma vedremo tutto con maggiore dovizia di dettagli quando ci occuperemo nello specifico del software.

Era il mese di marzo 2013 quando HTC, forte di un passato da leader nel settore degli smartphone, annunciava One M7. Con una bellissima scocca in alluminio unibody, i taiwanesi erano sostanzialmente gli unici a proporre un’alternativa solida agli iPhone sul piano del puro design. Dopo un anno HTC ci riprovava con One M8, con un design simile ma ancora più affinato e lo stesso sistema audio in stereofonia con due altoparlanti da oltre 2W RMS. Sul piano tecnico così come su quello delle scelte stilistiche HTC offriva il meglio disponibile su piazza per quanto riguarda la piattaforma del robottino verde.

I due smartphone non erano però esenti da difetti. La società ha cercato di puntare molto sulla concretezza: il software aveva un’interfaccia raffinata e senza molti fronzoli, la fotocamera posteriore un sensore da 4 miseri megapixel. In un settore in cui le sfide si affrontano spesso a suon di numeri HTC si è ritrovata a competere con dispositivi concorrenti con fotocamere sulla carta ben più definite. Bisogna ammettere che la scelta del sensore Ultrapixel è stata un po’ troppo forzata: va bene privilegiare la luminosità sul dettaglio dello scatto, tuttavia l’approccio di HTC è stato in quel caso troppo estremo per essere capito e supportato dal pubblico di massa.http://www.batteria-portatile.com/samsung.html

I taiwanesi correvano così ai ripari con HTC One M9, un dispositivo sulla carta ineccepibile: design ancora una volta sobrio, cura nei dettagli ai massimi livelli, fotocamera finalmente da 20 megapixel. Anche in questo caso ci trovavamo di fronte ad un sensore non all’altezza della concorrenza diretta, ma il vero punto debole del top di gamma taiwanese proveniva dalla sfortunata piattaforma hardware. HTC One M9 integra lo Snapdragon 810 di Qualcomm, un octa-core in configurazione big.LITTLE difficile da domare. Per farlo la società ha dovuto interagire lato software, impedendo surriscaldamenti eccessivi ma compromettendo il livello prestazionale del dispositivo.

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